“Forse la meditazione è una forma di disadattamento riconosciuta, un’ala che ti salva all’ultimo momento, una classificazione che all’improvviso ti fa specie.
Una cosa è certa, a me ha dato il corpo. Ho scoperto di respirare. Mi ha insegnato a sentire. Mi ha fatto percepire il momento e il luogo. Mi ha insegnato ad assaporare qualsiasi cosa stessi vivendo, senza esclusione. Mi ha messo al mondo.”
da “Il silenzio è cosa viva: L’arte della meditazione (Vele Vol. 143)” di Chandra Livia Candiani
Vita significa tutto ciò che esiste. Attaccarsi ostinatamente a tutto ciò che esiste, o resistergli e rifiutarlo, è in tutti e due i caso mancanza di quella lucidità propria di una mente risvegliata. Per riuscire nel lavoro di osservazione dobbiamo andare al di là sia dell’attaccamento sia dell’avversione.
Dove te ne stai andando, amico mio
Me ne vado al mare
Passo da mio fratello, c’è mio nipote
Che mi fa respirare
Ma dove sei stato tutto questo tempo
Stavo chiuso in casa
A meditare, ad aspettare
Che il mondo intero smettesse di girare
Ma l’ho capito finalmente
Che io del mondo non c’ho capito niente
Che voglio fare il furbo e invece sono
Un fesso come sempre
Me lo dicevi anche tu
La vita va vissuta
Senza trovarci un senso
Me lo dicevi anche tu
La vita va vissuta
E invece io la penso
Ma dimmi un po’ che cosa stai cercando
Io cerco la risposta
Mio padre l’aveva messa lì in ufficio
Ma qualcuno l’ha nascosta
Ed ho capito finalmente
Che il rimpianto non serve quasi a niente
È solo un altro modo un po’ infantile
Per sentirmi intelligente
Me lo dicevi sempre
La vita è una prigione
Che vedi solo tu
Me lo dicevi sempre
La vita è una catena
Che chiudi a chiave tu
Dove te ne stai andando, amico mio
Forse torno a casa
C’è qualcuno che mi aspetta e finalmente
Sorriderà
Stasera sono a casa. Ho già fatto tardi, sono già andato al lavoro, ho già
combinato un disastro con il pc in ufficio e adesso invece di dormire cerco di
riparare.
Milano è quella di prima, c’è un po’ meno traffico e bar, negozi e ristoranti
sono chiusi per ferie che sembra l’ora della siesta. Io un po’ mi sento già
quello di prima, e mi sembra di non avere il tempo per un massaggio ai piedi o
per riordinare i miei pensieri e il diario di viaggio con le foto storte.
C’è stata l’ultima sera, lunedì 21, sulla spiaggia di Fisterra: il tramonto e la
spiaggia piena di gente. Avevo camminato solo tutto il giorno e credevo che da
solo avrei passato la serata; invece c’erano ancora Nicolas, Laurina, Isabelle,
Alessandra, Sara e Marco.
Io sono sempre poco a mio agio nei gruppi. Alcuni pellegrini si trasformeranno
in turisti da spiaggia per qualche giorno, per altri come me è l’ultima sera e
poi si torna a casa. Rimbalzo tra un gruppo e un altro, sto un po’ con i
francesi. Ce ne sono due che non conosco, uno innamorato dell’Italia. Abbraccio
Nicolas che adesso mi sembra un po’ spaesato, Isabelle sorride di nuovo, anche se
non ha più nulla da dirmi, poi quando sento che è il momento di andare faccio il
drammatico e dico ai tre con cui ho passato tanto tempo: «Beh, adieu!». E
Laurina allora decide di salutarmi intonando Bella Ciao. Canto con lei scandendo
le parole che le vengono difficili, ma se la cava molto bene. La conoscono
tutti, grazie a La casa de papel. Anche questa volta sono commosso.
Gli aeroporti sono tutti uguali. Sono i non-luoghi per antonomasia per aiutare tutti a non perdersi o per estraniarci di più, farci sentire più a disagio e bisognosi così saremo più portati a fare acquisti al dutyfree.
L’aeroporto di Santiago non è diverso esteticamente, ma ci sono i pellegrini a rovinare il conformismo internazionale. Zaino, scarpe da trekking, qualcuno con le infradito e le scarpe appese allo zaino, ginocchiere, croste per qualche caduta o per le cince, abbronzatura da muratore.
Non è solo questione di abbigliamento e estetica: avverto una certa fatica a stare seduto, voglia di camminare e spossatezza da ozio.
Molti dei pellegrini hanno preso il volo per Madrid come me. Da qui ci
divideremo e già nella coda per l’imbarco per Milano siamo rimasti in pochi. Dei
mocilleros che tornano a casa da una meta qualunque in mezzo ai vacanzieri e
agli uomini d’affari.
L’aeroporto di Madrid è un non-luogo come gli altri.