La montagna, i sassi, la cena conviviale

Una strada sterrata
Una strada sterrata

Stamattina me la sono presa comoda, tanto il problema non è più il caldo. Cammino solo, poi incontro Isabelle a un bar e cammino con lei. Mi chiede se ho la pietra da lasciare alla Croce di Ferro. “Ne ho tante”, dico. Ma lei insiste che devono essere vere. Dopo pranzo cammino solo su un sentiero che finalmente è di montagna e di sassi ce ne sono molti. Li ho trovati, sono nel mio zaino pronti per essere lasciati andare, e non sarà facile. Non è stato facile nemmeno tenerli in mano a dire il vero.

Il vento, il paesaggio, il vuoto ancora

La croce la troverò domattina. Intanto alle 17 arrivo a Foncebadón. Cena in albergue con Laurina, Isabelle e Nicola di cui ho scritto ieri, Claude che ha fatto il cammino 6 volte e Hermo (se così si scrive).

Hermo è di Valencia, fa il contadino. Parla a voce alta ride e fa ridere Laurina (quindi tutti). Ci dice che la paella è discreta, ma l’hanno inventata dalle sue parti che è ben altra cosa, che suo padre gliela faceva tutte le domeniche, con il pollo, il coniglio e le verdure. Ci racconta di come il cammino l’ha cambiato, che la gente è buona e ti aiuta quando hai bisogno. Suo padre se n’è andato da poco e lui è partito a piedi da Valencia con le ceneri. Ridendo ci dice che sua madre non lo sa, crede che le ceneri siano a casa, e lo chiama alla sera e gli dice “tuo padre cammina con te”.

Bisogna ridere nella vita, dice, e lui porterà in allegria suo padre fino a Finisterre, per lasciarlo andare nell’oceano. Ormai è quasi arrivato.

Ps. Due anni fa l’8 agosto 2016, ho iniziato il cammino.

La gente del cammino

Una strada al tramonto
Una strada al tramonto

È come un piccolo villaggio che si sposta: qualcuno arriva, qualcuno parte, li trovi al prossimo bar, al prossimo albergue, alla prossima curva fermi a mangiare un panino o a massaggiarsi i piedi. Spesso ho camminato solo in questi giorni, cercando il mio passo e le mie pause. Faccio un pezzo di strada con qualcuno, mi fermo con lui/lei e riparto prima/dopo o mi fermo con qualcun’altro e riparto assieme.

So che tutti hanno una storia interessante, leggera o profonda, molti me la raccontano.

C’è Laurina che ha cambiato lavoro, aveva 5 mesi di tempo ed è partita da casa sua a Zurigo il 7 maggio. Ha una faccia abbronzata, strana sotto i capelli biondi, una risata aperta e sincera, la senti parlare fluentemente con chiunque in quattro lingue.

Nicolas è partito lo stesso giorno da Digione, ha lasciato il lavoro e la casa, ha messo un po’ di cose nello zaino e da allora ha percorso 1750km. Dopo Finisterre vuole andare in Sud America. Ha dieci anni meno di me, è alto e con la barba biondiccia. Parla poco ma sembra stare volentieri con chiunque vada al suo passo lento.

Antonio è croato, ha 27 anni, un matematico che ha lavorato come programmatore per una multinazionale. Ha deciso di mollare tutto, di studiare filosofia e farsi prete. Mi ha parlato di meditazione e di un prete che mischiando pratiche ortodosse e cattoliche sta avendo molto seguito nel suo paese.

Pietro ha deciso di sposarsi e poi ha cambiato idea, Silvia doveva andare a Napoli e poi ha cambiato idea, Isabelle continuava a voltarsi indietro per vedere il sorgere del sole, e io con lei.

Ogni storia qui lascia un segno in me, mi do il tempo di ascoltarla e trarne un insegnamento. Non riesco propriamente a fare gruppo, perché sento che mi perderei l’apertura agli altri. La facilità di accesso alla parte che sento più vera degli altri è il regalo più bello del cammino.

Il vuoto

Due anni fa c’era molta meno gente, eppure non ricordo di aver provato questa esperienza: circa dieci chilometri di cammino solitario.

Il vuoto, quello vero

Il vuoto è questo per me: nessuno davanti, nessuno dietro, solo verde, uccelli e insetti. Verso mezzogiorno anche i suoni degli animali si fanno sottili e rimane soltanto il suono dei miei passi. Un passo, un passo, un passo, un passo… così per ore. Non c’è altro oltre il sole e la terra, quasi non ci sono io, se non per quell’idea di provare a rappresentare il vuoto (ma non può essere spiegato!) e quel suono di passi che è me, è non me, è terra e sole.

Ho fatto pace con i miei piedi, ho fatto pace con il mondo. Almeno per oggi. Così mi sono concesso piscina e chiacchiere all’albergue, gente che si ritrova e gente nuova. Gente che non capisco cosa ci faccia qui e gente che non riuscirei a immaginarmela in un altro posto. Pasta col sugo e cerveza. Le pietre stanno sulla strada e non ho voglia di raccoglierle.

La messa a León

La cattedrale di León
La cattedrale di León

Ho sentito parlare della cattedrale di León da quando ho iniziato il cammino due anni fa. Maestosa e dalle vetrate mozzafiato. Sono arrivato dopo una breve passeggiata di 13km e ho scoperto che ci sarebbe stata messa (è domenica, bastava ricordarselo!) = posso entrare senza pagare.

Il pellegrino rifabio non è certo devoto, sicuramente in ricerca, ma può anche fare le cose solo per risparmiare 5/6€. Così feci.

Se entri al museo non entri dalla porta principale, con la messa sì. Uno spettacolo grandioso, nonostante il rosone sia in restauro. C’è l’organo che suona, suona bene. Possiamo fare un giro per 10 minuti, poi una voce chiede di uscire per rispetto della messa. La messa è cantata, organo e voce tenorile, anche le voci dei credenti sembrano più intonate e il fatto che sia in spagnolo la fa sembrare più sacra. Mi sono goduto lo spettacolo ed è stato bello.

La cattedrale di León
La cattedrale di León
La cattedrale di León
La cattedrale di León
La cattedrale di León
La cattedrale di León

Puente Villarente

Il ponte storico di Villarente
Il ponte storico di Villarente

Ieri ero stanco, i piedi mi facevano male e stamattina non era meglio. I primi 5km sono stati una sofferenza, finché ho messo via l’orgoglio di camminare con le Fivefingers e ho cambiato scarpe. Con una suola il dolore è passato, maledette Nike, hanno ragione loro. E con l’aiuto di un Oki , ammettiamolo: qui sono tutti drogati di antinfiammatori, antidolorifici e di dolore.

Adoro quelli che hanno accettato il dolore! Loro hanno fatto il passo più grande verso l’accettazione della vita.

I sassi sono delusione, indifferenza, sfiducia e rabbia. E il senso di colpa, che li governa tutti. Oggi ne ho preso uno dal fiume dove ho bagnato i piedi, l’ho appoggiato quando mi stavo allacciando le scarpe e me lo sono dimenticato. Forse non era il sasso giusto o forse una di quelle pietre è già andata e non me ne sono accorto.

Il Rio Porma
Il Rio Porma