Mi sono fermato qui, alle 10:30 questa mattina, indeciso se fare altri 5/6km. Ma trovi sempre scelte da fare, o ne fai 20 o 35, quindi… Grazie piedi che mi avete convinto a fermarmi. Erano già tanti 20km!
Stanchezza che mi fa crollare addormentato su una panchina, caldo che mi tiene sveglio.
Le scarpe sono forse troppo sottili, forse è solo ovvia carenza di esercizio. È il primo giorno, nessuno è preparato. E io ho sonno.
Oggi si aspetta, non si cammina. Era nei piani. Adesso è rimasta l’ultima tratta in treno, in totale 15 ore per arrivare a Sahagún.
Ma mentre la macchina andava verso León, ha cominciato a profilarsi un paesaggio noto: campi di grano reciso e bruciato dal sole alternato da campi di girasoli, distesi su altipiani che all’improvviso arrivano a una discesa che ti apre la visuale: chilometri a perdita d’occhio di altro oro macchiato dal verde puntinato di giallo e nero. Sono in macchina, ma riconosco quel caldo: le mesetas.
Allora mi sono reso conto che sono già in cammino, anche se mi appisolo in macchina!
Sono in cammino perché mi sono entusiasmato alla vista dei girasoli e alle cicogne sul traliccio. Perché voglio stare bene con la persona che ho di fianco anche se non la conosco e non la rivedrò più. Purtroppo non è scontato. E perché i ricordi di due anni fa sono tutti lì, in mezzo ai girasoli.
Si crea un’aspettativa subdola e pericolosa, mista alla consapevolezza e alla paura di essere stanco. Lo so che non è il cammino che risolverà qualcosa, solo la persona che lo fa. Il mio spirito è altalenante, passando dall’entusiasmo di essere qui ai colpi di sonno al pensiero bulimico.
Ma dopo tutto cerco il vuoto e anche questo scrivere è in contraddizione con il fatto che l’uomo nobile non ha nulla da fare.
Nell’agosto del 2016 ero passato da lì, come tutti quelli che intraprendono il camino. Io però lì mi sono fermato, con la scusa banale che dovevo tornare al lavoro, sicuro che «l’anno prossimo lo finirò sicuramente». Invece sono passati due anni, e per poco saltavo anche quest’anno. È incredibile quanto sia breve il passo tra finire una cosa iniziata e mollarla lì e non andare più avanti. Non c’è nemmeno una giustificazione.
L’aereo parte tra quattro ore, e io non ho ancora finito lo zaino. Ma avevo voglia di scrivere (poco) e fotografare (poco, ma un po’ di più) questo viaggio. In internet ci sono più siti sul Cammino di Santiago che sul cibo, e non credo che questo sarà più interessante di altri.
E poi davvero, l’idea era solo quella di postare un po’ di foto in tempo reale o quasi, mica troppo, che ci sarà da camminare e respirare. Soltanto camminare, respirare e lasciare andare.