Il chiostro centrale di Montecassino
Il chiostro centrale di Montecassino

Il treno è già arrivato a Firenze mentre inizio a scrivere. Ho una strana sensazione di continuità.Non so bene cosa significhi. Il cammino non si è concluso. A Montecassino non c'è scritto "sei arrivato". Infatti, dopo aver dormito a Roccasecca, ci sono tornato!

La Santa Messa

Scherzando, ma nemmeno troppo, ogni tanto dico che se facessero le messe di Bach, sarei un assiduo frequentatore di chiese. L'unico motivo che stamattina mi ha fatto uscire prima delle altre mattine, fare quasi 5km - ancora - fino alla stazione di Roccasecca, prendere il treno per Cassino e aspettare un autobus che mi riportasse all'abbazia, era la voglia di vedere una messa cantata in gregoriano. È stato molto più di questo. La messa dei monaci benedettini, nella sfarzosissima chiesa barocca dell'abbazia, è solenne, estremamente ritualizzata, sacra.

Quando l'organo inizia a suonare, dieci monaci, ovvero tutti i residenti di Montecassino, entrano in processione: uno porta l'incensiera, uno la croce, due portano candele alte come l'asta della croce, uno regge un libro che alla vista sa di storia, mistero, lusso e sacralità. Il libro, un Vangelo, sembra rilegato di velluto rosso e argento, ma forse esagero. Il monaco che lo porta lo tiene alto a coprire il viso. Gli altri monaci seguono, con in coda l'abate (credo), colui che dirà messa.

Mentre l'incensiere cosparge la navata di profumo, ogni monaco si inchina veso l'altare, quello con il libro lo appoggia con la cura con la quale si appoggia un bambino nella culla, o l'oggetto che contiene il messaggio che potrebbe salvare l'umanità, la Parola di Dio. La stessa cura che ho visto nel modo in cui un monaco di Plum Village "tocca" la campana e che non ho mai visto (fino a oggi) in un prete.

I monaci si mettono a fianco dell'altare, e mentre l'incensiere cosparge Libro e abate, iniziano a cantare. È uno spettacolo magnifico. Poi però, l'abate inizia a dire messa, una messa come tutte le altre. Con una particolarità. Tutto è solenne: ogni gesto, ogni parola, ogni voltar pagina. E il Gloria è un Gloria, che fa rizzare i peli delle braccia. Così come il salmo e tutte le parti che di solito sono una fastidiosa, dissonante litania.

Insomma, sembra che abbiano fatto scuola dai buddisti! O più semplicemente, hanno mantenuto il senso del gesto, l'attenzione al dettaglio. La forma che dà il senso dell'Alto, anche se il contenuto è quello che è. Capisco che il canto gregoriano non è l'ultima moda, ma perché di solito mancano questi gesti e questo senso di Sacro? dove li hanno lasciati gli altri?

Il segno di pace è diventato un mezzo inchino, anche questa mi sembra un'imitazione uscita male di un gesto che non conosciamo, ma non abbiamo più il coraggio di fare quello che veniva naturale, prendere la mano di uno sconosciuto. La mia vicina, a un metro di distanza e con la mascherina, per sicurezza si disinfetta le mani. Stringo forte le mani di Michela e Luca, voglio dir loro quanto sia stata curativa la loro delicata presenza.

Le attese e il rientro

C'è tempo di veder arrivare i pellegrini che ho conosciuto ieri, conoscerne uno nuovo, e poi cominciare il viaggio del rientro. Fino a Roma sto ancora con Michela e Luca, parlano del cammino che faranno la prossima estate... Perché è la vacanza che ha senso, il modo in cui vogliono passare il tempo libero. Camminando.


Veduta di Cassino
Veduta di Cassino

Questo testo è stato scritto sul treno del ritorno da Roma a Milano. Come spesso succede, una volta rientrato non mi sono piú ricordato di completarlo e pubblicarlo, fino ad oggi, che mi sto preparando a ripartire per un nuovo cammino.

Avrei potuto scrivere dell'ultima tappa del cammino, delle mucche sul sentiero che bloccavano il passaggio, di Cassino, una delle cittadine piú brutte d'Italia, rasa al suolo dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e ricostruita senza nessuna cura, senza nulla di interessante, una lunga sequenza di palazzi dall'aspetto trasandato. La città contrasta moltissimo con la cura con la quale è stato riconstruito il monastero, perfetto e fedele all'originale. E poi c'era il cimitero polacco, un interno battaglione di morti, e la storia dei suoi sopravvissuti che sono rimasti esuli in Gran Bretagna, senza poter piú rientrare nel loro paese, perché avversi al regime comunista che in loro assenza si era instaurato con l'occupazione dell'Unione Sovietica.

Avrei potuto raccontare di come un cammino spirituale si conclude in un luogo il cui turismo oggi è legato alla memoria della guerra. Anche nel punto di arrivo, i pellegrini erano quella decina di persone strambe e arrivate a piedi, che contrastavano con le centinaia di turisti arrivati in pullman, molti dalla Polonia a rendere omaggio ai loro nonni e prozii, come noi si va a in Polonia a visitare Auschwitz.

Niente di male in tutto questo. Forse piú di ogni altra cosa mi ha esplicitato la differenza che c'è tra un cammino di pellegrinaggio e un cammino in luoghi meravigliosi e importanti per la nostra storia, ma che ti fanno sentire isolato, in un cerchio ristretto di appassionati e non in una comunità, in una corrente.

Ma questo non è piú racconto: sono riflessioni a un anno di distanza, che mi hanno fatto decidere di fare il Cammino Portoghese per Santiago, per sentirmi pellegrino fra pellegrini, pesce dentro l'acqua. O Porto mi aspetta, e da lí, ancora dopo cinque anni, Santiago.

Il vecchio portone del Monastero di Montecassino
Il vecchio portone del Monastero di Montecassino